Martedì 21 Gennaio 2020 di Laura Larcan | Il Messaggero
Pomposelli, 14 anni, suona dall’età di 7 e ha vinto 20 premi Cresciuto col calcio, adora Rachmaninov
«Per me la musica classica è pura emozione. E quando vedo che le persone si emozionano mentre suono, ecco, quella è la mia personale felicità». Suona il pianoforte da quando aveva sette anni, Matteo Pomposelli. Ora ne ha quattordici ed è un “piccolo principe” della tastiera, pronto a conquistare palcoscenici e platee nel mondo. È romano (e romanista), vive nel quartiere di Quarto Miglio sull’Appia Nuova con la famiglia numerosa (papà Alessandro è un ex-calciatore semiprofessionista, oggi insegnante di educazione fisica, e la mamma, Monica, è infermiera). Ed è cresciuto a pane, sport e musica. «All’inizio facevo tanti sport – racconta al Messaggero – Calcio, nuoto, tennis, e anche lezioni di piano. Ad un certo punto ho dovuto scegliere, erano troppe attività. Non ho avuto dubbi: ho scelto la musica». Oggi studia fino a nove ore al giorno. Faticoso? «La musica è un impegno certo, ma va bene così, non mi stanco, non ho nessun rimpianto, rifarei tutto da capo. Penso che se vuoi fare bene una cosa, serve dedizione, tempo, lavoro serio. Quella del musicista è una professione».
Come dire che al pallone sull’erba ha preferito melodie e note, e accanto al capitano Francesco Totti i suoi miti sono Rachmaninov, Chopin, Haydn. A dieci anni il suo primo concerto da solista presso la Sala Baldini di Roma, e due anni fa è stato applaudito alla Carnegie Hall di New York. Vittorio Sgarbi, nel 2017, lo ha presentato in occasione di un concerto a Milano: «È un anziano pianista di 12 anni, oramai pieno di esperienza, che ha vinto numerosi concorsi». All’attivo ne ha collezionati oltre una ventina, insieme alla partecipazione alla trasmissione Prodigi della Rai. Stasera, poi, al Teatro Flaiano sarà il protagonista di un Recital per pianoforte (ore 20.30).
Niente playstation: «Prima ci giocavo di più, ma ora ho smesso». Le amicizie però le custodisce: «Cerco di avere il tempo per uscire con la mia ragazza». Ama definirsi «sensibile e romantico», Matteo, e la sua passione non può che essere la musica classica pura: «Ascolto e studio solo classica, in fondo, le emozioni più profonde riesce a darle solo questa musica. Al momento, le contaminazioni con il rock e il pop non mi interessano, quanto alle colonne sonore dei film mi piacciono, ma solo quelle legate a compositori classici». Volto solare, ciuffo alla moda, idee chiare e un talento ipnotico. Le dita di Matteo Pomposelli volteggiano sui tasti, piroettano come in una danza, a tratti scalpitano, poi si placano quasi ad accarezzare le note. Si divide tra Roma e la Puglia. A Quarto Miglio frequenta il liceo linguistico privato San Giuseppe del Caburlotto, ma dal giovedì si trasferisce a Trani per seguire le lezioni presso l’Accademia European Arts Academy Aldo Ciccolini. «La musica è un’arte, può piacere o no. Per me è un modo di essere al mondo». Eppure, c’è sempre un pizzico di ansia dietro l’angolo: «Quando ho un concerto sono sempre molto teso all’inizio. Poi, appena mi siedo e poggio le mani sulla tastiera, mi tranquillizzo e mi concentro. E inizio. Vivo». Per il personaggio cinematografico Billy Elliot ballare significava sentirsi «elettricità». Vale anche per Matteo Pomposelli.
Il momento più emozionante? «Il mio primo concerto da solista con un’orchestra: è stato al Teatro Argentina». Quattro anni da professionista, come cambia il tempo per Matteo? «Si cresce e c’è un’evoluzione per tutti. Si cresce nella modalità musicale, nella concentrazione, nella sensibilità e nella tecnica. Per me crescere significa continuare a suonare da professionista, andare in giro per il mondo, fare concerti ed esprimere il mio modo di fare musica. E un giorno, magari, insegnare». E per carnevale, quale può essere una maschera preferita, Beethoven o Darth Vader? «Se Darth Vader suonasse il pianoforte, non avrei dubbi».