L’Almone è il terzo fiume della città di Roma, dopo il Tevere e l’Aniene. Nasce dai Colli Albani (acqua di risorgiva, da infiltrazioni del lago Albano) e, fino al secolo scorso, sfociava nel Tevere nei pressi della ex area industriale del Gazometro, percorrendo l’ultimo tratto – che prendeva anche il nome di Acquataccio, identificabile orientativamente con l’attuale Circonvallazione Ostiense – presso il quartiere Garbatella.
Per approfondimenti: Un sepolto vivo l’Almone fiume sacro della Garbatella di Cosmo Barbato.
Il fiume è chiamato anche marrana della Caffarella e non raggiunge più il suo naturale recettore: le sue acque sono state deviate al depuratore di Roma sud.
Il fiume attraversa il Parco Regionale dell’Appia Antica, ricevendo le acque delle numerose sorgenti ancora presenti nell’area.
L’importanza del fiume Almone in età romana è legata al rito della Lavatio Matris Deum: il 27 marzo di ogni anno la pietra nera, simbolo aniconico della dea Cibele, veniva condotta in processione e lavata nel fiume, insieme ai coltelli sacrificali, nel punto in cui questo sfociava nel Tevere. Questo rito, centrale nel culto della dea Cibele, era visto come un’azione purificatrice e rigeneratrice. (1)
Per la cupezza e la violenza dei suoi riti – i suoi sacerdoti si castravano nel corso di un’orgia – questo culto misterico fu una delle pochissime religioni, prima di quella cristiana, perseguitata e vietata da Roma, notoriamente lassista. Solo in un secondo tempo venne accettato. Cibele, conosciuta anche come la Magna Mater (Grande Madre), era una divinità frigia il cui culto fu introdotto a Roma durante la seconda guerra punica (218-201 a.C.), quando i Romani, su consiglio dei Libri Sibillini, decisero di adottare la dea per assicurarsi la vittoria contro Cartagine.
Nel medioevo non furono pochi gli episodi che videro protagonista il fiume. Nel XVI secolo, una bufala impazzita, che aveva provocato morti e feriti in città, fu inseguita fino al fiume, dove si gettò per poi riemergerne parlante. Questo evento leggendario contribuì a rafforzare l’aura di mistero e pericolo associata all’Almone.
Anche la valle della Caffarella, attraversata dal fiume, aveva una brutta nomea: i terreni verso la Via Latina nel XVI secolo erano chiamati “delli Spiriti” – per i brutti incontri che vi si facevano di notte – e solo dopo processioni e liturgie furono ribattezzati (come la toponomastica moderna ricorda) “dei cessati spiriti”. La valle, con le sue antiche ville e sepolcri, era un luogo di grande importanza storica e archeologica, ma anche di superstizioni e leggende popolari. (2)
Oggi, nonostante le modifiche al suo corso e le opere di urbanizzazione, l’Almone rimane un simbolo del passato sacro e misterioso di Roma, conservando tracce della sua antica importanza religiosa e culturale.